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AlexanderGronsky

Pastoral

Nel ciclo Pastoral, Alexander Gronsky cattura la zona intermedia che esiste tra la metropoli – la capitale russa Mosca – e la natura, già scomparsa. Non è città, né campagna. Si tratta di una serie di vedute delle periferie, spesso scattate da lontano: da lande desolate e incolte, da discariche, dalla terra di nessuno che circonda la città. Il paesaggio tende a rimanere scisso dall’osservatore, ostacolandogli l’entrata. Il fatto che la scena rimanga così distante è spesso legato alla sua capacità di mostrare a chi la guarda una compiutezza estetica completa in sé, di avere una propria forma. Lo spazio tra fotografo e paesaggio è presentato letteralmente come una zona intermedia, fatta di spazzatura e indefinitezza.

Nelle vedute urbane di Gronsky gli edifici, con le loro nette forme geometriche, appaiono molto diversi da quelli della zona intermedia. La loro funzione è quella di segnare il confine tra la zona desolata e quella abitata. Ma questo non accade: i nuovi blocchi di case, già vittime della corrosione del tempo, sono pieni di erosioni. Sembrano le rovine abbandonate, e non ancora demolite, della modernità. Le città di Gronsky sono spesso completamente vuote, circondate da desertiche terre disabitate e da discariche, come se la gente si fosse trasferita da aree pulite e abitabili in cloache di liquami e decadenza. In sostanza, la popolazione è indistinguibile dai rifiuti. Spesso, in mezzo al sudiciume, le persone appaiono tanto minuscole da diventare dettagli piccoli e insignificanti, irrilevanti al pari della spazzatura che li circonda.

L’artista sceglie attentamente il punto di vista, bilancia la composizione, calcola minuziosamente ogni dettaglio e armonizza con accortezza la gamma di colori, cercando di evitare superflui contrasti cromatici che non si integrerebbero bene con tutto il resto. Non c’è niente di casuale o improvvisato in queste immagini. Le cose possono essere brutte e informi, ma le scene, in termini di estetica classica, sono estremamente belle. Nelle vedute di Gronsky sia il momento del giorno che la fase storica sono indefiniti. La desolazione degli spazi marca questa indefinitezza. Se la vita germoglia qui, fuori dalla città, perché gli edifici sono così vuoti, come se la popolazione li avesse già abbandonati? È una fine o un inizio?

La fredda perfezione dei suoi lavori sembrerebbe suggerire una simile visione del mondo da parte di Gronsky, soprattutto perché le persone nelle sue fotografie sono figure minuscole che emergono a fatica dal paesaggio, senza alcuna rilevanza autonoma. Questa “sottrazione dell’umano”, l’evanescenza del soggetto, l’anonimia della visione sono legati alla scomparsa dell’“oggetto”, alla perdita di un orientamento intenzionale dello sguardo. E qui si trova il paradosso delle fotografie di Gronsky. Eliminando gli oggetti, la visione, spontaneamente e in modo eccezionalmente intenso, entra in relazione con il mondo in tutta la sua indefinitezza e pienezza. Pastoral consiste in una serie di affascinanti vedute in cui non c’è praticamente niente da guardare. Nonostante la loro illusoria concretezza, le fotografie di Gronsky rientrano molto più nel piano della pura visione, dell’apparizione, che in quello della materialità degli oggetti presentati. E in questo sta la loro indubbia contemporaneità e forza.

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