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The Meaning of a Nation
Russia and its Neighbours: Georgia and Ukraine
Vivo in Georgia dal 2002 e da allora lavoro con decisione e quasi esclusivamente negli Stati post-sovietici. Ho assistito al fallimento delle rivoluzioni colorate in Georgia, Ucraina e Azerbaijan e ho visto i carri armati russi dirigersi verso Tbilisi nel 2008.
I soggetti delle mie storie sono persone normali, spesso colti in situazioni straordinarie. Parlo con loro per conoscere i Paesi dai quali provengono e i loro trascorsi, in particolare gli eventi che hanno accompagnato le loro vite. Questi sono Paesi intrappolati in una dura lotta per costruire Stati indipendenti nonostante la forte influenza russa. Ma il mio progetto non è solo questo: parla anche dello spirito di sopravvivenza, di gioia di vivere nonostante tutte queste difficoltà, e di amicizia.
Per il mio lavoro è fondamentale cercare di capire quale sia il significato di nazione, con ne e patriottismo per i miei eroi e per me stessa. Una parte centrale della mia ricerca riguarda i percorsi per accettare o rifiutare una riconciliazione che le persone hanno intrapreso dopo aver combattuto una guerra. In molti si sono trovati a costruire la propria vita su territori che ora sono Paesi indipendenti, separati da confini che l’Unione Sovietica in sostanza non aveva. L’inaspettata implosione dell’URSS, l’ascesa del nazionalismo etnico e i numerosi confini arbitrari hanno provocato diversi conflitti armati all’inizio degli anni ‘90, soprattutto nel Caucaso. Alcuni problemi irrisolti in altre zone di con ne si sono rivelati delle bombe a orologeria. La guerra in corso in Ucraina dal 2014 ha dimostrato come tali questioni in sospeso continuino a essere soggette a manipolazioni politiche. Ci stiamo rendendo conto che i confini tracciati nel 1991 non sono scolpiti nella pietra e possono essere modificati unilateralmente, come ha dimostrato quanto successo in Crimea.
Dopo 10 anni di lavoro nel Caucaso, nel 2013 ho iniziato a concentrarmi sull’Ucraina. La storia di David Ebralidze connette i due progetti, e non è l’unica. Da giovane David ha combattuto in Georgia per l’Abkhazia. Gli ci sono voluti 12 anni per superare il trauma della guerra. Si è trasferito in Ucraina e ha iniziato a costruire mobili, ma ha finito per ritrovarsi coinvolto in un’altra guerra. Nel 2014 ha venduto il suo portatile al banco dei pegni e ha comprato un biglietto del bus per raggiungere un battaglione di volontari, uno dei tanti che si sono formati nell’assenza di un vero e proprio esercito. Quando gli ho fatto una delle mie domande rituali: “Riusciresti mai a perdonare il tuo nemico? E nel caso, come potresti farlo?” David mi ha detto che mi avrebbe risposto con una storia: “Ho un carissimo amico qui nel Battaglione Donbass, anche lui georgiano, con cui ho passato 400 giorni. Venti anni fa, nei primi anni ‘90, abbiamo combattuto l’uno contro l’altro nella guerra civile in Georgia, mentre in Ucraina siamo diventati amici e combattiamo fianco a fianco. Anzi, lui è il mio migliore amico. Tutti i problemi possono essere risolti con il tempo, se non ci sono interferenze esterne”.
I destini degli Stati post-sovietici sono interconnessi e inevitabilmente legati alla Russia, sia quella imperiale ai tempi dello Zar che la Russia sovietica e quella odierna guidata da Putin. Il 26 dicembre 2016 è stato il 25° anniversario del crollo dell’URSS, quando 15 repubbliche sovietiche divennero indipendenti. Dal 1991 le élite politiche di ciascuno di questi nuovi Paesi hanno provato a costruire degli Stati sovrani. Alcuni sono rimasti nella sfera di influenza della Russia mentre altri, come la Georgia e l’Ucraina, hanno cercato di staccarsi per diventare parte dell’Europa occidentale. Entrambe hanno pagato la loro scelta a caro prezzo, con una guerra in Georgia nel 2008 e una in Ucraina nel 2014. Altri ancora, come i Paesi baltici, si sono separati del tutto tramite l’adesione all’Unione europea e alla NATO.
Il mio progetto esplora le frontiere in quanto mutevoli sfere di influenza che si sovrappongono ai confini fisici disegnati sulle mappe. Documenta la vita sulla frontiera orientale dell’Europa e scava fra i significati simbolici e le ricostruzioni storiche di queste terre di con ne, che contribuiscono a formare l’identità nazionale e a modellare l’immagine dei Paesi vicini.
Credo che ogni persona abbia una storia interessante da raccontare e la curiosità di trovare e documentare quelle storie guida la mia passione per la documentaristica. I miei eroi li scovo grazie ai notiziari, sui social media o per strada. Negli ultimi 15 anni ho lavorato in questo modo, prima di tutto per soddisfare il mio bisogno personale di capire meglio il mondo, e poi per essere in grado di divulgare le mie conclusioni, nella speranza di attirare un’attenzione maggiore su questa parte di mondo che mi sta a cuore e mi affascina profondamente.