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Fallout Sim Chi Yin
Nelle fitte tenebre un’unica luce si rifletteva sulle acque poco profonde del fiume Tumen.
Sulla riva opposta si riuscivano a distinguere solo due giganteschi ritratti: quelli di Kim Il-sung, fondatore della Corea del Nord, e di suo figlio e successore, Kim Jong-il. In lontananza, oltre le colline brulle, i cani abbaiavano all’unisono. Due settimane dopo mi sono ritrovata sulle colline desolate e polverose che circondano l’area di sperimentazione nucleare statunitense in Nevada, ad ascoltare l’aura del silenzio, calmante e inquietante allo stesso tempo. Mi sembrava di sentire quegli stessi cani.
Mi trovavo in quei luoghi per seguire le tracce dell’incontro tra l’uomo e le bombe nucleari, le uniche armi in grado di distruggere l’umanità in un colpo solo. Nell’ottobre 2017 ho percorso in auto il tranquillo e solitario confine tra la Cina e la Corea del Nord, fotografando i paesaggi tra la montagna e i due fiumi che le dividono. Ho esplorato i luoghi più vicini ai siti nei quali i nordcoreani eseguono i test nucleari e alle loro basi militari e impianti di produzione dei missili. Due settimane dopo ho attraversato territori altrettanto tranquilli negli Stati Uniti occidentali, passando dal nevoso North Dakota, dove sorge un complesso radar piramidale onniveggente, al calor bianco dei crateri nel deserto del Nevada, dove vengono realizzati i test. Mi sono arrampicata all’interno dei silos missilistici, sono uscita strisciando dalle botole di evacuazione dei bombardieri e ho vagato per i centri di comando e di controllo utilizzati durante la Guerra Fredda.
Ero alla ricerca di parallelismi tra questi paesaggi: visivi, storici, concreti, simbolici. La Corea del Nord è l’unico Paese ad aver testato le armi nucleari nel XXI secolo. Gli Stati Uniti sono stati la prima nazione a testarle e l’unica a usarle, nel 1945. Sono due Paesi intrappolati in una guerra retorica di reciproci attacchi. Il presidente statunitense Donald Trump insulta il leader nordcoreano Kim Jong-un definendolo “piccolo uomo razzo”, mentre la sua controparte lo definisce “un gangster che ama giocare con il fuoco”. Gran parte di questa guerra rimane in astratto su Twitter, sui giornali o come semplice ipotesi. Ma io volevo vedere con i miei occhi come si presenta davvero un’infrastruttura nucleare. Volevo capire il funzionamento di queste armi, della catena di comando, come le abbiamo utilizzate e come potremmo utilizzarle di nuovo. Mi sono posta degli interrogativi morali: perché da un lato vengono lanciati ripetuti appelli contro l’uso di queste armi e dall’altro c’è chi sostiene che ne abbiamo bisogno a scopo dissuasivo?
Durante il mio viaggio ho incontrato persone di entrambi gli schieramenti. Alcuni guarda-no queste armi con stupore e rispetto, come Yvonne Morris, direttrice del Titan Missile Museum in Arizona, che ha parlato tranquillamente con me di fronte al massiccio ed elegante missile illuminato dai riflettori che era stato appena installato nel suo silos. Era il missile a testata nucleare che proprio lei aveva comandato negli anni ‘80. “Non avrei avuto problemi a eseguire l’ordine di lancio se fossimo dovuti arrivarci, perché avrebbe significato che gli Stati Uniti erano sotto attacco”, ha detto. Ho incontrato anche Joseph Brehm, un insegnante il cui padre era un pilota americano di caccia bombardieri della seconda guerra mondiale, esentato dal dover combattere in Giappone perché le bombe atomiche che hanno distrutto Hiroshima e Nagasaki avrebbero contribuito a porre fine alla guerra prima della sua partenza. Brehm junior è cresciuto credendo nelle armi nucleari, ma ora chiede il disarmo. “Amo la tecnologia, amo il momento di stupore in cui si dice: ‘Oh, incredibile, guarda cosa abbiamo creato’. Ma poi devi fare un passo indietro e chiederti ‘cosa abbiamo creato veramente?’ Perché la bomba nucleare è letteralmente un’arma letale che potrebbe distruggere l’umanità”.
In ogni sito che ho visitato ho avvertito la bellezza e la forza d’impatto di questi paesaggi e di queste macchine silenziose. Avevo studiato la storia della guerra fredda all’università, macinando libri e saggi su quell’epoca pericolosa, ma improvvisamente quegli eventi avevano preso vita dietro i metri di spessore delle porte di cemento a prova di bomba dei silos missilistici e nei complessi arrugginiti e interrati nelle profondità del suolo.
Le ambizioni nucleari della Corea del Nord possono essere misurate solo attraverso immagini satellitari, test sismici e immagini di propaganda. Per questo sono stata costretta a guardare attraverso recinti di filo spinato, montagne e villaggi, cercando di immaginare i siti missilistici e l’area di Punggyi-ri, dove Pyongyang ha condotto sei test nucleari dal 2006 a oggi. L’ultimo, e il più ingente, si è svolto appena un mese prima del mio viaggio. Ha fatto vibrare gli edifici, tintinnare coltelli nelle cucine e ha causato l’evacuazione di varie scuole nelle città cinesi limitrofe.
In un certo senso, i paesaggi sembravano appartenere a un’epoca diversa: vedevo contadini spingere piano i carretti, le case a un piano con cataste di granoturco ammassate davanti, trattori a vapore, lavoratori che tornavano alle fabbriche in bicicletta dopo l’ora di pranzo, e i camini degli stabilimenti con i loro ciuffi di fumo che si alzavano nel cielo notturno. Ma la tensione era palpabile: sul versante nordcoreano c’erano postazioni di guardia regolari, sul versante cinese continui checkpoint e la polizia di frontiera che vietava di fotografare.
Negli Stati Uniti sono stata invitata a visitare le strutture dismesse, aperte per tour e gite didattiche, e le aree che erano state abbandonate dopo aver svolto il proprio ruolo. Solo una volta, nei 3.500 chilometri quadrati del Nevada National Security Site, un sito ancora attivo, mi è stato chiesto di rimanere all’esterno della recinzione. Tra il 1951 e il 1992 sono stati effettuati oltre 900 test con armi nucleari, che hanno creato una serie di crateri giganteschi nel terreno, rendendolo simile a uno di quei paesaggi lunari che si vedono nelle immagini satellitari. È stata la fotografia del più grande di questi crateri, il cratere di Sedan – che ho visto negli archivi militari americani – a farmi pensare per la prima volta che avrei potuto creare una serie di paesaggi anonimi di questi due Paesi che, se messi a fianco, avrebbero potuto sospendere il nostro senso dello spazio e permetterci di entrare nel regno della riflessione e dell’immaginazione.
Diversi elementi di ciò che ho visto in entrambi i luoghi si sono alimentati a vicenda nella mia mente. Alcuni dei parallelismi emergevano lampanti non appena scattavo la seconda foto della coppia. Altri sono emersi nel processo di editing. E in entrambi i Paesi c’erano alcune somiglianze impressionanti nei paesaggi, sia naturali che artificiali. Forse, come ha detto Natalie Luvera, curatrice del Museo Nazionale dei Test Atomici del Nevada: “Non abbiamo imparato dalla storia. Ciò che hanno fatto gli Stati Uniti in passato si sta ripetendo in questo momento. E lo sta facendo la Corea del Nord”.